Tentativo di colpo di Stato in Bolivia


In Bolivia i militari fanno irruzione nel palazzo presidenziale per tentare un colpo di Stato


Introduzione

Massimo il livello di tensione politica vissuto nel primo pomeriggio di mercoledì 26 giugno dalla Bolivia dopo l’ingresso di un folto gruppo di soldati nel Palacio Quemado, sede del Governo a La Paz. Le truppe militari, guidate dall’ex comandante dell’esercito  Juan José Zuñiga, hanno fatto irruzione nel palazzo del governo dove lo stesso presidente Luis Arce era riunito con l’intero gabinetto presidenziale. Immediata la reazione del Capo di stato che, oltre denunciare le mobilitazioni irregolari, ha inviato un accorato messaggio a tutto il popolo boliviano e ai suoi ministri, ribadendo l’appello a difendere la democrazia. Poche ore dopo l’inizio del tentativo di colpo di stato, Luis Arce è apparso al balcone della Casa Grande del Pueblo accompagnato dalla Ministra della Presidenza María Nela Prada e dal Vice Ministro degli Affari Esteri, Freddy Mamani, per cercare di trasmettere unità alla popolazione. Appoggiato dai suoi ministri e dal vicepresidente David Choquehuanca, ha sottolineato: «Abbiamo bisogno che il popolo boliviano si organizzi e si mobiliti contro il colpo di stato e in favore della democrazia. Non possiamo permettere che i tentativi di colpo di stato uccidano ancora una volta la vita dei boliviani. Vogliamo esortare tutti a difendere la democrazia ed eccoci qui fermi a Casa Grande con l’intero governo, con le nostre organizzazioni sociali. Salutiamo le organizzazioni sociali e le invitiamo cordialmente a mostrare ancora una volta al popolo boliviano la via della democrazia»[1], ​​ha dichiarato Arce.
Poco prima di tentare di far irruzione con alcuni soldati, il generale Juan José Zúñiga ha dichiarato alla stampa rapidamente accorsa che «la mobilitazione di tutte le unità militari» voleva esprimere il suo fastidio «per la situazione nel paese». Pur dichiarando la propria volontà, momentanea, ad obbedire al presidente Luis Arce, l’ex generale promette che prenderà misure per «cambiare il gabinetto del governo»[2]. «Un’élite si è impadronita del Paese, vandali che hanno distrutto il Paese», ha detto Zúñiga da Plaza Murillo, di fronte al Palazzo del Governo. «Le forze armate stanno cercando di ristrutturare la democrazia in modo che sia una vera democrazia, non una democrazia di proprietà dei padroni che sono stati al potere per 30 o 40 anni. Libereremo tutti i prigionieri politici. Dall’ex presidente Jeanine Añez [a sua volta autrice del golpe ai danni di Evo Morales nel 2019], ai tenenti colonnelli, ai capitani che sono in prigione. Alle forze armate non mancano le palle per vigilare sul futuro dei nostri figli»[3], ha aggiunto l’ufficiale militare, prima di salire a bordo di un’auto blindata. Per bloccare il possibile golpe si è rivelato fondamentale, oltre che l’intervento del nuovo comandante dell’esercito boliviano, anche l’arrivo “in massa” della popolazione civile e dei movimenti sociali che hanno riempito Plaza Murillo dopo l’appello congiunto di Morales e Arce, anch’egli giunto in strada. Il nuovo comandante generale dell’esercito, José Wilson Sánchez, ha rapidamente chiesto il ritorno delle truppe nelle caserme: «Chiedo, ordino, dispongo che tutto il personale che si trova in strada ritorni nelle proprie unità. […] Vigileremo affinché il governo legalmente costituito rimanga in carica, in conformità con le regole dello Stato»[4]. Molto forti anche le tensioni in strada quando i militari ribelli hanno eretto barricate per impedire alla cittadinanza di raggiungere Plaza Murillo, in risposta alla chiamata presidenziale, e hanno sparato gas lacrimogeni e pallottole contro cittadini e manifestanti rapidamente accorsi dopo il tam tam sui social network. Tra i tanti appelli alla società civile spicca il comunicato della Central Obrera Boliviana  (COB), la più grande unione di lavoratori in Bolivia. «Affermiamo che respingiamo con forza e con veemenza le azioni incostituzionali, sediziose e antidemocratiche delle Forze Armate dell’Esercito, che in questo momento stanno prendendo d’assalto la democrazia e il nostro governo costituzionale. Come la storia richiede, invitiamo tutte le organizzazioni sociali e sindacali del paese, tutti i lavoratori della Bolivia e tutto il popolo in generale a sollevarsi contro questi gruppi di golpisti e violatori dei diritti umani, politici e democratici»[5], ha affermato la COB. Reymi Ferreira, ex ministro della Difesa del governo di Evo Morales, ha cercato di riportare la calma escludendo la possibilità di un colpo di stato non mancando di sottolineare, però la possibilità di strascichi futuri. «Non credo che si tratti di un colpo di Stato. È piuttosto un atto di arroganza da parte di Zúñiga. È un pericolo per la democrazia, ma è un movimento senza futuro e non prospererà, sebbene potrebbe essere considerato come un precedente»[6], ha avvertito.

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Antefatto

Zúñiga, lo scorso martedì 25 giugno, è stato destituito dall’incarico di capo dell’esercito boliviano dopo una serie di minacce rivolte contro l’ex presidente Evo Morales. Nelle dichiarazioni rilasciate lunedì alla stampa, il militare aveva detto che Morales – possibile candidato alle presidenziale del 2025 – «non poteva più essere presidente del paese». Pertanto, «Se necessario», non avrebbe mai permesso «il calpestamento della Costituzione, disobbedendo al mandato del popolo». Ha, inoltre, ha ricordato che le Forze Armate sono «il braccio armato del popolo, il braccio armato del Paese»[7]. Immediata la reazione di Morales che, tramite X, ha dichiarato: «Il tipo di minacce lanciate dal comandante generale dell’esercito, Juan José Zúñiga, non si è mai verificato in democrazia. Se non verranno sconfessati dal Comandante in Capo delle Forze Armate, dal Ministro della Difesa, dal Presidente e dal Capitano Generale delle Forze Armate, sarà dimostrato che quello che stanno realmente organizzando è un auto-colpo di stato. La nostra democrazia è sempre più in pericolo»[8]. Evo Morales, lo scorso anno, è stato interdetto dalla Corte Costituzionale dalla partecipazione alle elezioni del 2025. Secondo la sentenza, nessun boliviano può essere eletto alla stessa carica pubblica più di due volte nel corso della sua vita. Nelle sue dichiarazioni, il generale Zúñiga ha, tuttavia, confuso questa sentenza con la Costituzione stessa, che non è così rigida: vieta solo più di una rielezione continua e non dice nulla, invece, sulle rielezioni discontinue. «Il signor [Evo Morales] è già stato presidente per tre, quattro mandati, rieletto, rieletto, rieletto. Legalmente è interdetto»[9], aveva dichiarato il militare davanti alle telecamere. Il botta e risposta tra Morales e il generale si inserisce nella faida politica e nella lunghissima serie di attacchi tra l’ex presidente e l’attuale presidente in carica, precedentemente alleati all’interno del Movimiento al Socialismo – Instrumento Político por la Soberanía de los Pueblos (MAS) e ora nemici  e rivali politici. Faida politica di cui, però, gli unici a pagarne lo scotto sono i cittadini boliviani. In alcuni discorsi pronunciati davanti a varie forze di sicurezza dello Stato, come il reggimento di scorta presidenziale o la polizia boliviana, Arce ha spiegato che è da tempo in corso un “golpe morbido” per abbreviare il suo mandato, di cui accusa implicitamente Morales. «Dietro richieste apparentemente legittime, in realtà c’è un piano per accorciare il mio mandato, che nasconde un pericolo più grande: la distruzione dello Stato Plurinazionale, del nostro modello economico produttivo socio-comunitario e dei sogni dei boliviani»[10], ha dichiarato il presidente in carica, ex ministro dell’Economia durante il governo di Morales. Nei fatti, il tentativo di golpe non ha fatto che evidenziare la frattura politica vigente in Bolivia e le lotte intestine fra Morales e Arce per la candidatura alle elezioni del 2025, oltre che per la stessa presidenza del paese. Nel frattempo, la Bolivia sta vivendo una grave crisi economica, accompagnata dalla carenza carburante che sta paralizzando le strade del paese andino. L’11 giugno scorso, il presidente Luis Arce ha ordinato la militarizzazione del sistema di rifornimento del carburante, che in Bolivia è sovvenzionato, al fine di prevenire il contrabbando verso i Paesi vicini. Con queste e altri provvedimenti, il presidente ha cercato di reagire alla crisi economica che, seppure non esistendo ufficialmente, ha iniziato a indispettire la popolazione facendo crollare l’indice di gradimento di Luis Arce al 18%, secondo il sondaggio realizzato a maggio della società di sondaggi Gallup. La forte carenza di gasolio sta provocando, inoltre, numerose proteste tra gli autotrasportatori, che hanno già bloccato le strade principali del Paese per diverse ore e minacciano di farlo a tempo indeterminato se il Presidente non garantirà loro un approvvigionamento più fluido. Gli autotrasportatori chiedono, inoltre, le dimissioni dei direttori dei servizi doganali e fiscali e un maggiore accesso ai dollari, che scarseggiano anche in Bolivia.

Il sostegno della comunità internazionale

La veemenza e l’irruenza dei militari accompagnati da carri armati e blindati, ha innescato immediatamente una reazione tanto in America Latina, quanto nel resto della comunità internazionale. Alle numerose dichiarazioni di sdegno sono seguiti altrettanti messaggi di sostegno nei confronti del governo Arce. «Il governo brasiliano condanna con la massima fermezza il tentativo di colpo di stato in corso in Bolivia, che comporta la mobilitazione irregolare delle truppe dell’esercito, una chiara minaccia allo stato di diritto democratico del paese. Il governo brasiliano esprime il suo sostegno e la sua solidarietà al presidente Luis Arce, al governo e al popolo boliviano. In questo contesto, sarà in dialogo permanente con le legittime autorità boliviane e con i governi degli altri paesi sudamericani per respingere questa grave violazione dell’ordine costituzionale in Bolivia e riaffermare il proprio impegno per la piena validità della democrazia nella regione. Questi fatti sono incompatibili con gli impegni della Bolivia nei confronti del MERCOSUR, sotto gli auspici del Protocollo di Ushuaia»[11] ha dichiarato il ministero degli Affari Esteri brasiliano tramite un comunicato stampa. «La rivolta di alcune unità delle Forze Armate boliviane è un attacco alla democrazia. Condanniamo fermamente questi eventi. Il nostro sostegno incondizionato al presidente Luís Arce e al suo popolo. Il nostro sostegno alla posizione del governo del Messico»[12] ha detto la neo presidente eletta Claudia Sheinbaum tramite X. Ancor più netto e categorico il presidente colombiano Gustavo Petro che ha rigettato categoricamente il tentato golpe, «Rifiuto totale del colpo di stato militare in Bolivia. Invito tutto il popolo boliviano alla resistenza democratica. L’America Latina deve unirsi a favore della democrazia. L’ambasciata colombiana deve garantire rifugio ai perseguitati. Non ci sarà alcuna relazione diplomatica tra la Colombia e la dittatura. Un colpo di stato antidemocratico incontra un’ampia mobilitazione popolare»[13]. Sempre tramite X si è espresso il presidente del Cile, Gabrier Boric che ha dichiarato: «Dal Cile esprimo la mia preoccupazione per la situazione in Bolivia. Esprimiamo il nostro sostegno alla democrazia nel nostro paese fratello e al governo legittimo di Luis Arce. Condanniamo fermamente l’inaccettabile azione di forza da parte di un settore dell’esercito di quel paese. Non possiamo tollerare alcuna violazione del legittimo ordine costituzionale né in Bolivia né altrove»[14] ha dichiarato Gabriel Boric. Il sostegno al governo Arce e l’aspra condanna verso i militari ribelli scesi in piazza Murillo accompagnati dai carri armati ha coinvolto anche la comunità internazionale nella sua interezza. Pedro Sanchez ha invocato immediatamente il rispetto dello stato di diritto e dei principi democratici così come sancito dalla costituzione, dichiarando: «La Spagna condanna fermamente i movimenti militari in Bolivia. Inviamo al governo della Bolivia e al suo popolo il nostro sostegno e la nostra solidarietà e li invitiamo a rispettare la democrazia e lo stato di diritto»[15]. Dall’Unione Europea, Ursula von der Leyen ha denunciato «fermamente i tentativi di rovesciare il governo democraticamente eletto della Bolivia. L’Unione europea sostiene le democrazie. Esprimiamo il nostro forte sostegno all’ordine costituzionale e allo stato di diritto in Bolivia»[16].


Note 

[1] “Pdte. de Bolivia rechaza intento de golpe de Estado”, TeleSur, 26/06/24, https://youtu.be/1EHKIKjZGjs?si=VTYBeIwWwhfu7lCy.
[2] F. Molina, “Intento de golpe de Estado en Bolivia: militares rebeldes entran en la sede del Gobierno”, El País, 26/06/24, https://elpais.com/america/2024-06-26/el-presidente-de-bolivia-denuncia-movilizaciones-irregulares-del-ejercito.html.
[3] Ibidem.
[4]F. Molina, Intento de golpe de Estado en Bolivia: los militares rebeldes empiezan a replegarse, El País, 26/26/24, https://elpais.com/america/2024-06-26/el-presidente-de-bolivia-denuncia-movilizaciones-irregulares-del-ejercito.html.

[5] “Central Obrera Boliviana condena intento de golpe en Bolivia”, TeleSur, 26/06/24,  https://www.telesurtv.net/central-obrera-boliviana-declara-huelga-general-indefinida/
[6] F. Molina, Intento de golpe de Estado en Bolivia: los militares rebeldes empiezan a replegarse, El País.
[7] F. Molina, “El comandante del Ejército de Bolivia fue destituido tras amenazar a Evo Morales: “No puede ser más presidente de este país”, El País, 26/06/24, https://elpais.com/america/2024-06-26/el-comandante-del-ejercito-de-bolivia-fue-destituido-tras-amenazar-a-evo-morales-no-puede-ser-mas-presidente-de-este-pais.html. [8] https://x.com/evoespueblo/status/1805587604663869696.
[9] F. Molina, “El comandante del Ejército de Bolivia fue destituido tras amenazar a Evo Morales: “No puede ser más presidente de este país”.
[10] Ibidem.
[11] Condenação brasileira à tentativa de golpe na Bolívia, NOTA À IMPRENSA Nº 270, 26/06/24, https://www.gov.br/mre/pt-br/canais_atendimento/imprensa/notas-a-imprensa/condenacao-brasileira-a-tentativa-de-golpe-na-bolivia.
[12] https://x.com/Claudiashein/status/1806063024240726418.
[13] https://x.com/petrogustavo/status/1806068678049288620.
[14] https://x.com/GabrielBoric/status/1806057761077420357.
[15] https://x.com/sanchezcastejon/status/1806063020809900238.
[16] https://x.com/vonderleyen/status/1806081103440044266.


Foto copertina: Tentativo di colpo di Stato in Bolivia