L’attacco contro i dispositivi di Hezbollah e le violazioni del diritto internazionale umanitario


L’attacco, presumibilmente israeliano, contro i dispositivi personali dei membri di Hezbollah ha provocato un alto numero di vittime anche tra i civili ed appare sproporzionato rispetto al possibile vantaggio militare acquisito. Ecco perché ci si interroga sulle eventuali violazioni del diritto internazionale umanitario.


Di Noemi Verducci

Il 17 settembre si è verificata in Libano un’esplosione in massa dei cercapersone di membri di Hezbollah e un altro attacco si è susseguito il giorno seguente, più piccolo in materia di numeri ma non di impatto, e ha preso di mira i walkie-talkie appartenenti ai miliziani di Hezbollah.
Secondo il Ministro della Sanità libanese, queste esplosioni sono avvenute in aree densamente affollate ed hanno provocato la morte di più di 37 persone, tra cui una bambina, e il ferimento di oltre 2900. [1]

Questi attacchi sollevano numerosi dubbi riguardo le tempistiche, la modalità e l’eventuale implicazione delle aziende che producono i dispositivi elettronici manomessi, domande a cui al momento risulta difficile rispondere e, probabilmente, anche in futuro non si arriverà mai ad una verità.
Quello che appare certo è che questi attacchi avranno un impatto significativo su Hezbollah e sul suo apparato di sicurezza, che ha dimostrato delle grandi carenze e falle. Appare probabile pensare ad una conseguenza sul piano pratico che potrebbe essere un’operazione di epurazione interna alla ricerca dei traditori e che causerà un indebolimento ulteriore della milizia. Le conseguenze su Hezbollah potrebbero essere enormi, dato anche l’alto numero di membri feriti e mutilati dall’attacco, ma avranno degli impatti anche su tutto il cosiddetto “asse della resistenza”, milizie filo-iraniane sparse nella regione e i sistemi di comunicazione utilizzati tra loro.
In contrapposizione, sul piano israeliano, l’operazione permette di rafforzare la reputazione del Mossad come l’agenzia di intelligence più efficace e segreta al mondo grazie all’abilità nello spionaggio e nelle operazioni segrete, reputazione che era stata gravemente danneggiata con l’attacco del 7 ottobre di Hamas sul territorio israeliano.
Il segretario generale, Hassan Nasrallah, continua a ribadire che, nonostante il supporto continuo ai “fratelli” palestinesi, vuole evitare una guerra totale con Israele. D’altronde, fa parte della storia recente libanese la disastrosa guerra del 2006 nel sud del Libano contro Israele. Il conflitto, che durò solo 34 giorni, provocò migliaia di morti tra la popolazione libanese, un milione di sfollati, distrusse gran parte delle infrastrutture libanesi e portò l’economia al collasso.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha condannato l’attacco e ha ribadito che gli obiettivi civili non dovrebbero essere trasformati in armi.

Volker Turk, capo delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha dichiarato che i responsabili dell’ondata di uccisioni saranno chiamati a risponderne, “prendere di mira simultaneamente migliaia di persone, siano esse civili o membri di gruppi armati, senza sapere chi fosse in possesso degli ordigni, la loro posizione e le loro vicinanze al momento dell’attacco viola il diritto internazionale dei diritti umani e, nella misura in cui è applicabile, il diritto umanitario internazionale. “[2]
Israele rimane il primo e maggiore imputato per l’operazione senza precedenti, sebbene non sia stato rivendicato l’attacco in maniera ufficiale. Il dilemma della responsabilità (e della sua mancanza) rimane l’ostacolo maggiore per perseguire le eventuali violazioni di diritto internazionale commesse.

Leggi anche:

Violazioni del diritto internazionale?

Il primo ministro libanese, Najib Mikati, ha accusato Israele di violazione della securità territoriale.[3] Tuttavia, è un punto difficile da provare dal momento che l’operazione non è stata eseguita dall’esercito regolare ma tramite un attacco cibernetico.
Sussistono, però, potenziali violazioni del diritto internazionale umanitario in particolare per quanto riguarda alcuni principi regolati dal customary international law, ossia dal diritto consuetudinario. Questi principi costituiscono i punti cardine del diritto per cui la cui violazione comporta la responsabilità internazionale del responsabile della violazione.

Tra i principi violati, troviamo:

  1. Principio di necessità militare, integrato nella Convenzione di Ginevra e dai Protocolli Aggiuntivi, stabilisce all’art. 52 del Protocollo Aggiuntivo I che “gli obiettivi militari sono limitati ai beni che per loro natura, ubicazione, destinazione o impiego contribuiscono effettivamente all’azione militare, e la cui distruzione totale o parziale, conquista o neutralizzazione offre, nel caso concreto, un vantaggio militare preciso.”[4]
  2. Principio di proporzionalità. Anche alla luce della necessità militare, l’attacco deve essere proporzionato e non eccessivo rispetto al vantaggio militare che potrebbe derivare.
    L’elevato numero di feriti e di morti appare eccessivo rispetto all’eventuale vantaggio militare derivante dall’aver ferito alcuni militanti di Hezbollah.
  3. Principio di distinzione. È obbligatorio per chi commette un attacco distinguere sempre tra combattenti e non combattenti. Nell’attacco in Libano, tra le vittime troviamo anche vittime civili, tra cui bambini, pertanto appare chiaro che non si è rispettato questo principio.

Inoltre, come chiarisce Marco Longobardo, “il diritto internazionale vieta l’uso di trappole esplosive che assomigliano ad oggetti portatili apparentemente innocui, come cercapersone e walkie-talkie”[5]
Questo divieto è regolato dalla Convenzione sulle armi convenzionali (CCW) e dal Protocollo II modificato del 1996 che all’art. 6 vieta l’uso di qualsiasi trappola esplosiva sotto forma di un oggetto portatile apparentemente innocuo. [6]
Per poter sollevare la responsabilità internazionale delle violazioni, rimane un ostacolo importante, ossia quello dell’attribuzione. Affinché sia possibile accertare e condannare i responsabili, Israele dovrebbe rivendicare l’attacco, punto che rimane alquanto improbabile in quanto il maggior vantaggio che deriva da questi tipi di attacchi è la deniability. La deniability è infatti un aspetto centrale del warfare cibernetico e permette agli attori statali o non statali coinvolti di condurre operazioni minimizzando il rischio di attribuzione o di escalation dal momento che l’ambiguità del coinvolgimento impedisce di generare ripercussioni.

Israele ha fatto ampio ricorso ad attacchi cibernetici contro Hezbollah, considerata una minaccia esistenziale alla sicurezza israeliana, ed è parte della sua più ampia strategia militare per contenere le minacce e, al tempo stesso, evitare l’escalation di una guerra regionale.


Note

[1] NNA National News Agency, 37 killed in two days of Lebanon exploding devices: new toll, 19 settembre 2024https://www.nna-leb.gov.lb/en/%D9%85%D8%AA%D9%81%D8%B1%D9%82%D8%A7%D8%AA/722697/37-killed-in-two-days-of-lebanon-exploding-devices
[2] AlJazeera, Civilian objects should not be weaponised’: UN chief on Lebanon blasts, 18 settembre 2024, https://www.aljazeera.com/news/2024/9/18/civilian-objects-should-not-be-weaponised-un-chief-guterres-lebanon-explosions
[3] BBC, Hezbollah blames Israel after pager explosions kill nine and injure thousands in Lebanon, 18 settembre 2024, https://www.bbc.com/news/articles/cd7xnelvpepo
[4] Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali
[5] L’Orient-Le Jour, L’attaque sur les appareils du Hezbollah est-elle une violation du droit international humanitaire? 19 settembre 2024, https://www.lorientlejour.com/article/1427703/lattaque-sur-les-appareils-du-hezbollah-est-elle-une-violation-du-droit-international-humanitaire-.html
[6] International Humanitarian Law Database, Protocol (II) on Prohibitions or Restrictions on the Use of Mines, Booby-Traps and Other Devices. Geneva, 10 October 1980.


Foto copertina: Hezbollah